La Bulgaria è uno di quei sogni inaspettati, sfocati, dai contorni non chiari, quei sogni in cui ci si perde e che, al risveglio, vorresti solo che Morfeo ti accarezzasse le palpebre con i suoi papaveri per ricondurti in quel viaggio onirico.
Sulle note di Aghia Sophia dei Cccp posso finalmente inaugurare la categoria “Fluttuando In Giro”. Come potrete immaginare non sarà un classico diario di bordo, un racconto cronologico con consigli su falsariga di Tripadvisor, lascio questo compito a chi di competenza, a blogger di viaggio et similia. Il mio sarà il resoconto delle mie suggestioni e di quelle fluttuazioni sul territorio bulgaro che ho visitato. Visitare la Bulgaria significa immergersi in un caleidoscopio di una millenaria storia di un crocevia poliedrico dai colori cangianti, d’altronde “l’antica radice turca bul significa “mischiare” e la gente che abita questi vecchi rilievi, al di là di ogni mito fondativo, è il frutto dell’incontro tra l’antica e nobile civiltà dei traci con la cultura greca, romana, protobulgara, slava e ottomana[…] Magris aveva già riportato, sotto la luce di una prospettiva storica, la complessità umana e artistica di questo lembo meridionale del mondo ortodosso”. Quanto spesso capita di avere contemporaneamente nelle adiacenze la disarmante cura dell’oro dei misteriosi traci, la solenne magnificenza delle chiese ortodosse, resti degli antichi romani? Quasi una rarità, ma a Sofia è consuetudine. Terza città più vecchia d’Europa, svela temperatamente tre millenni di storia, senza abiti desueti perché “cresce, ma non invecchia” come ci dice il motto che dal 1900 accompagna l’emblema municipale con il leone. Sotto lo sguardo della statua di Sveta Sofia, possiamo cominciare a conoscere questo curioso carrobbio culturale che è Sofia, capitale bulgara dal 1879, il cui nome è legato alla Chiesa di Santa Sofia, dedicata alla “saggezza divina” e non all’omonima martire del II secolo d.C. La statua imponente e sgargiante, venne realizzata dallo scultore bulgaro Georgi Chapkanov non tenendo conto di questo “sottile” particolare. A nulla servirono i richiami degli intellettuali locali, l’amministrazione aveva deciso che la statua doveva essere dedicata alla martire cristiana, per conferire maggior prestigio alla città. Per non farsi mancare nulla, la statua consta anche di un gufo e un alloro, simboli storicamente pagani che la martire aveva combattuto. Sita in Piazza Sveta Nedelnya, rispecchia in gran parte la complessa storia della Bulgaria, di Sofia e dell’area compresa tra Santa Domenica, il Largo e la metropolitana Serdica, fatta di stratificazioni, incontri, contrasti e compromessi tra culture, idee e visioni.
Visitare e conoscere le chiese sofiote è necessario, non solo per la bellezza estetica estetica e per i cerimoniali ortodossi, perché “l’ortodossia è una componente culturale forte e ineludibile[…]i monasteri bulgari sintetizzano nelle pietre e negli affreschi bizantini tre pensieri concatenati: la cultura nazionale, la difesa della cristianità contro il turco invasore e, infine , il senso dell’essere europei. Pertanto la polemica sulla dichiarazione delle radici cristiane nella nuova costituzione europea, da queste parti sembrerebbe trovare scarsa comprensione”. La già nominata Chiesta di Sveta Sofia leggermente più distante, era già luogo di culto durante i traci e poi i romani, venne edificata così come la conosciamo dall’imperatore bizantino Giustiniano I nel VI secolo d.C. La chiesa ha avuto una storia burrascosa, ha subito diverse distruzioni, ricostruzioni, dovute anche ai diversi credi religiosi. Al momento della liberazione dagli ottomani nel 1878, la chiesa era sprovvista di un campanile e i fedeli si ingegnarono ad appendere subito una campana a festa su un albero all’ingresso. Questa campana esiste ancora oggi.
La Cattedrale di Sveta Nedelya fu eretta tra il 1856 e il 1863 sulle fondamenta di chiese più antiche, intima, avvolgente con i suoi maestosi affreschi in stile bizantino sembra vogliano raccontarti tante storie di un tempo passato. Anch’essa ha subito un attentato nel 1925 messo in atto dai comunisti nel fallito tentativo di assassinare lo zar Boris III.
Rimanendo nel circondario, appare inaspettatamente, come se facesse capolino, attorniata dai palazzi dello Sheraton, sopra le rovine romane delle terme romane, la minuscola Chiesa di Sveti Georgi che, con i suoi mattoncini rossi è l’edificio più antico di Sofia .Ma la sensazione di essere catapultati in un passato lontano, è percepibile sin dall’uscio della struttura e dall’ammirare i suoi dipinti realizzati tra il X e il XIV secolo. La chiesa risale ai tempi di Costantino, l’ultimo sovrano in grado di esercitare un dominio assoluto sulle due parti dell’Impero romano, amava particolarmente quei luoghi, tanto da definire Serdica una “sua creatura”. La Rotonda Sveti Georgi è il luogo dove rivive lo spirito dell’antica città, tanto che la leggenda narra che l’imperatore definisse Serdica la sua Roma. Esistono tante chiese piccole, meno note, ma questa mi ha dato subito l’idea di essere stata nascosta quasi volutamente. Nonostante la logica non sia mai stata una materia con risultati eccelsi per la sottoscritta, l’osservazione non è stata un vaneggio. Ma di questo vi parlerò fra pochissimo.
Voglio capire di più del contatto con i romani, ma l’ansia di vedere la Cattedrale di Aleksander Nevskij non riesco più a contenerla. Avete presente quando vi trovate di fronte l’immensità? Ecco, la sensazione è più o meno quella. C’è un’atmosfera di solennità che pervade tutta la piazza e si innalza fino al cielo, come se le cupole danzassero con le nuvole. Quando le opere dell’uomo non stuprano la natura, ma creano un’ osmosi con essa, scaturisce una manifestazione non descrivibile a parole. Simbolo di Sofia e di tutta la Bulgaria(secondo me anche di tutti i Balcani), la cattedrale è stata costruita tra il 1882 e il 1912 in memoria dei 200000 soldati russi morti sul campo durante la guerra russo-turca(1877-78) in nome dell’indipendenza bulgara. E’ intitolata a Aleksandr Jaroslavič Nevskij, eroe nazionale russo, famoso per le sue epiche gesta militari e principe di Novgorod nel XIII secolo. Realizzata con lo stile neobizantino caro alla Russia, gli interni sono possenti e ho avuto la fortuna di trovarmi durante una funzione. Visitando la Cattedrale rievocavo alla mente alcune canzoni dei Dead Can Dance, in sintonia con l’omelia del Pope. Ritornando verso il centro appare la visione di una chiesa simile al castello della Disney è la Chiesa russa di Sveti Nikolai, con i suoi vividi colori,immersa nel verde e in questo quadro fiabesco. Gli interni presentano icone risalenti al periodo tra l’ XI e il XIV, lo spazio è molto ridotto e la finezza dei russi all’interno mi ha fatto credere per qualche secondo di fare la fine dei morti durante il funerale di Stalin. E’ stata realizzata dalla comunità russa di Sofia a inizi ‘900 ed è dedicata a San Nicola, il santo con cui i russi hanno un legame antichissimo. “Dalle fiabe e della “bylina”, l’antica epica degli slavi, San Nicola è raffigurato come un vecchio che gira tra città e campagne, aiutando i deboli e i diseredati”, come aveva spiegato Padre Gerardo Cioffari, uno dei più grandi studiosi nicolaiani. Non è questa la circostanza per parlare del legame tra i russi e il santo italiano, ma è arrivato il momento di parlare del legame con l’Italia e la sua storia attraverso la città.
Il complesso dell’Antica Serdica è un museo un po’ coperto, un po’ a cielo aperto, situato nei pressi della stazione della metropolitana Serdika, consta delle tracce della città romana di Serdica. Che i sotterranei della capitale fossero ricchi di segnali della presenza di Roma, è fatto noto. Ma è solo negli ultimi anni che è stata intrapresa un’azione tesa a recuperare i fili delle maglie del tessuto storico di Serdica, Sofia è riuscita a celare fino a qualche anno fa anche i resti del suo passato!
La valle di Sofia è antichissima e risulta abitata fin dal VI millennio a.C e durante i lavori per la linea metropolitana sono emersi in maniera fortuita i resti di Ulpia Serdica, l’antico cuore della capitale Bulgara. “Sono state riportate alla luce delle strade, delle abitazioni, edifici termali, basiliche paleocristiane ricche di mosaici, un’arena la cui pianta è seconda solamente al Colosseo, nonché una necropoli e delle porzioni importanti delle mura e delle torri che proteggevano la città. Grazie a questi ritrovamenti risulta possibile immaginare il livello raggiunto da questa questa città in grado di far indugiare persino un uomo risoluto come l’imperatore Costantino I sulla scelta della nuova capitale che avrebbe dovuto prendere il posto di Roma”. Dai traci ai macedoni, da piccolo villaggio a oppidum, venne conquistata dai romani nel 29 a.C., divenendo una vera e propria città sotto Traiano, con il nome di Ulpia Serdica. L’imperatore romano aveva colto le capacità militari e commerciali del luogo, furono gli anni della centralità della capitale bulgara in quella Via Militaris che univa Singindunum(Belgrado) con Bisanzio. Ed in questo circondario tra i più eterogenei d’Europa che troviamo il Museo archeologico di Sofia.
Famoso per la collezione contenete l’Oro dei Traci, merita una visita. Partiamo dalla forma: il museo è ospitato in quella che era una volta una moschea e ne conserva la particolare forma del suo salone centrale. Il museo permette di conoscere le fasi storiche di questa antichità così particolare. Il legame con Roma è indissolubile, come lo è con l’Italia e a tal proposito consiglio la lettura del libro acquistato in museo “Visioni colorate dell’ antica Roma: mosaici dai Musei Capitolini”, sulla mostra organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura a Sofia in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale e i Musei Capitolini di Roma. Purtroppo la mostra è finita a luglio e non ho potuto vederla, ma ha un significato particolare, non solo per l’immenso valore archeologico. Ha valore perché 140 anni fa l’Italia fu uno dei primi paesi a riconoscere l’indipendenza della Bulgaria e a stabilirne relazioni ufficiali. “La storia di queste relazioni iniziò il 3 luglio 1879 quando Domenico Brunenghi venne accreditato presso il principe Alessandro I di Bulgaria in qualità di reggente l’agenzia e Consolato in Sofia. Da allora sono stati 36 i diplomatici italiani che, a vario titolo, hanno ricoperto l’incarico di Capo Missione dell’Ambasciata d’Italia a Sofia”.
E’ il momento di tornare al secolo scorso e ho scelto di farlo con il “Communist Tour” organizzato da 365: Free Sofia Tour. Chi mi conosce sa che prediligo l’esplorazione “asociale”, ma le ottime recensioni su siti affidabili mi hanno fatto riporre nell’armadio le vesti del viaggiatore solitario. Sulle note di Live in Pankow vi illustro questo tour imperdibile di 3 ore e mezza che copre quasi tutto il centro città e 45 anni della storia della Bulgaria sotto il Patto di Varsavia che mostra “I curatissimi monumenti nazionali sono il leitmotiv martellante di un popolo che sembra uscito ieri da cinque secoli di dominazione turca e ovunque celebra se stesso, sotto l’ala protettrice della Grande Madre Russia. In Bulgaria, questo storico legame ha saputo reggere meglio quelle crisi geopolitiche e sentimentali che scuotono con ricorrenza il resto del mondo slavo-ortodosso. In quest’opera di reinterpretazione di sé, il mezzo secolo appena trascorso di regime socialista sembra cronologicamente molto più distante, eclissato in una patina paradossale di “archeologia della contemporaneità”.I ragazzi dei tour sono tutti giovani, a me è capitato Vasilli simpatico nella dose giusta, preparato ed ironico nelle sue esposizioni. Durante la visita Vasilli ci illustra diversi aspetti del regime comunista in Bulgaria, usando abilmente monumenti e angoli come pretesto per aneddotica e curiosità varie, come l’Hotel Rila, uno dei primi a Sofia dove soggiornò il cosmonauta Gagarin. Ci fermiamo di fronte alla chiesetta di San Nicholas Mirlikiysky dove ci ha spiegato che il culto religioso non era totalmente proibito. I luoghi venivano nascosti da vari éscamotage architettonici, in modo che non fossero visibili sulle strade pubbliche. Ciò non escludeva, comunque, possibili problemi con i servizi segreti. Facciamo pochi passi ed arriviamo nella grande piazza Indipendenza,Plostad Nezavisimost, una delle più eterogenee in Europa, chiamata semplicemente “Largo”.Troviamo il maestoso Palazzo del Partito, costruito in stile staliniano nel 1953, un tempo quartier generale del Partito Comunista Bulgaro, ora sede di uffici governativi. Un tempo svettava la stella rossa comunista e sopra il nome la falce e martello poi cancellate. Continuando la camminata, ricordiamo le scene de “Le vite degli altri” davanti all’angusta ulitsa Malko Tarnovo quartier generale dei suoi servizi segreti che dovevano occuparsi di preservare l’immagine della Bulgaria all’estero e controllare le informazioni all’interno dello stato. Parecchi sono usciti dalla triste via per entrare in un campo di lavoro. Vasilli ne approfitta per parlare del “Caso dell’ombrello bulgaro” e del dissidente Georgy Markov, assassinato a Londra nel settembre del 1978. Prima di giungere in Inghilterra, Markov trascorse dei mesi dal fratelli in Italia, per la precisione a Sasso Marconi, in provincia di Bologna. La sosta successiva è davanti a quello che è stato il Palazzo reale, davanti al quale venne eretto il Mausoleo di Dimitrov, il primo capo del partito: oggi non è più visibile perché venne distrutto nel 1999 dal governo anticomunista. La strada tra il palazzo e mausoleo era la via usata dal partito per le parate ufficiali. Ci spostiamo verso l’Università di Sofia, una delle prime in Bulgaria. Qui Vasilli procede con una considerazioni positiva del periodo comunista in Bulgaria: l’istruzione era gratuita e il livello dell’analfabetismo si abbassò quasi del 100% e veniva data grande importanza alla salute e al fisico, un occhio particolare era dato allo sport, furono gli anni di atleti formidabili. Proseguiamo fino al Monumento all’armata rossa, segno di riconoscenza all’Armata Rossa per l’aiuto dato alla Bulgaria durante il secondo conflitto mondiale. Insieme a operai e soldati abbiamo la presenza di una donna lavoratrice, per la prima volta le donne bulgare accedevano al mondo del lavoro con lo stesso salario degli uomini. Il rilievo sul lato destro è stato, negli anni, oggetto di atti di vandalismo e atti dimostrativi. Immerso in un parco, oggi il monumento è totalmente ignorato dai ragazzi più giovani, infatti davanti ad esso i ragazzi si allenano con lo skate.
Chissà come avrebbero reagito Georgi Dimitrov e Todor Zhivkov di fronte a questo “Bulgaria Skate”(intuitivo richiamo a California Skate, per i nati prima degli anni ‘90). Passiamo davanti al Palazzo Nazionale della Cultura, ricevendo nozioni sul ruolo propagandistico delle arti, sempre nello stesso parco troviamo il Monumento alle vittime del comunismo. Si tratta di un lungo muro nero con incisi i nomi di tutte le vittime conosciute del comunismo, anche se Vassili ci dice che non si conosce il numero esatto. Sotto un cielo dai colori caldi crepuscolari arriviamo all’ultima tappa del tour nonché ultima tappa del comunismo : frammento del Muro di Berlino. Prima di andare a Plovdiv ho passato una giornata tra l’atmosfera fiabesca del Monastero di Rila e la Chiesa di Boyana, anche in questo caso con un tour, organizzato sempre da ragazzi preparati, peonti a illustrare altri aspetti della storia bulgara, fino a giungere a quel sogno architettonico sito a più 1000 m di altezza.
Il monastero venne fondato nel X secolo da San Giovanni di Rila, è il simbolo spirituale più importante del popolo bulgaro, simbolo della resistenza alla lunga dominazione ottomana e rifugio in quei secoli bui. Il monastero è una visione onirica, perfettamente conservato e le stupende montagne bulgare che ne fanno da cornice aumentano la fiaba di questo posto. Dopo è toccato a Boyana, emblema del medioevo bulgaro, costruita nel 1259 con struttura e affreschi ben conservati, oggi patrimonio mondiale UNESCO e testimonianza tra le più importanti di questa epoca in tutta la penisola balcanica. Giunge il momento di Plovdiv, l’altra capitale della cultura europea meno nota insieme a Matera. “La Bulgaria è un nucleo essenziale della grande Slavia…ma di tutti i Paesi dell’Est resta ancor oggi il più ignoto, un luogo in cui ci si mette di rado il piede” le parole di Claudio Magris sono sempre attuali, nonostante i decenni trascorsi, eppure , come sostiene lo scrittore Nedyalko Slavov, è in Bulgaria che si trova “la più antica città europea vivente”, con i suoi ottomila anni di storia, coeva di Troia, di Micene e delle città dell’isola di Creta, una città che per la mitologia fu fondata dai Traci, poi è stata greca, poi romana, poi slava, poi ottomana.
La storia di Plovdiv è la storia di questo mélange, il cui libro è scritto sulle sue pietre, sui resti archeologici, nelle coloratissime case del centro storico costruite tra il XVIII e il XIX secolo ricchedi quell Elan Vital della Rinascita Nazionale. Plovdiv, in passato Filippopoli, e Roma fluttuano vicendevolmente, con lo stadio e il teatro del II secolo, con un passato percettibile nell’aria. A differenza di Sofia, mostra la sua stupefazione in maniera molto più immediata.
Una visita obbligatoria è, a mio avviso, il Museo Etnografico, per capire meglio lo spirito bulgaro della Rinascita. Ho poi lasciato che il tempo scorresse più lentamente tra una casa museo e un’altra, tra l’azzurro della Casa Hindlian, passando per il rosso mattone della Casa Balabanov lasciandomi al caso della scoperta,mettendo da parte qualsiasi guida e qualsiasi programma, varcando le porte delle diverse case museo che la colorano di storia e stupore. In fondo, in quanti posti del mondo puoi ammirare da un colle la geometria dei Bloc sovietici, stando seduto su una pietra di un millenario insediamento dei Traci?
Interpretando liberamente Vincent Van Gogh “Io non so nulla con certezza, ma la vista dell’Est mi fa sognare”
Fonti e citazioni
Sofia, ‘cresce ma non invecchia’ , Lorenzo Guglielmi.
Sofia: origine del nome e statua di S.Sofia, Uberti consulenza viaggi.
L’epopea di Serdica: una nuova capitale per l’Impero romano , L’Universale.
Convegno sui 140 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Bulgaria, Ambasciata d’Italia Sofia.
Plovdiv, l’altra capitale d’Europa, Corriere della sera.