La narrazione del volo nella cultura sovietica

Ho pensato all’idea di questo blog a lungo, a come strutturarlo su una piattaforma ancora di più e,  quando era tutto apparentemente pronto, ho ritenuto inadeguati degli articoli, oppure cancellati. Il procrastinare è il figlio prediletto delle insicurezze delle prime volte della vita.

Settimane fa ho assistito all’incontro dal titolo “ Vse vyše: il mito del volo nella cultura visuale sovietica” , tenuto dal Professor Gianpiero Piretto, rinomato studioso della storia e della cultura russa. Attraverso dipinti, frame, brevi filmati, cartellonistica di propaganda ripercorriamo l’anelito russo di contrastare l’orizzontalità, la continua ricerca di verticalità. Come nel romanzo Oblomov di Gončarov, nella cultura russa viene quasi sempre introdotto surrettiziamente in taluni periodi, veementemente in altri, qualche riferimento alla dimensione verticale, che finisce così per sovrapporsi e sostituirsi all’orizzontalità, che si riconferma come sede di ogni influenza negativa.

In quel momento ho capito che il blog non poteva rimanere imbrigliato nell’ inazione tipica di Oblomovka.

Per quanto possa essere suggestivo ripercorrere l’abbattimento dell’orizzontalità  durante i diversi momenti storici, ci limitiamo a quello dove la smania ha raggiunto il livello massimo : il periodo sovietico. Proprio in quei decenni la Russia volerà sempre più in alto, arrivando nello spazio.

In pieno costruttivismo troviamo Vladimir Tatlin, originale e instancabile promotore del rinnovamento artistico nella nascente Unione sovietica, un visionario con il grande obiettivo di edificare il bene dell’umanità. L’artista pensava che ogni disciplina, ogni tecnica, ogni materia, potesse contribuire a questo fine, attraverso la valorizzazione delle loro potenzialità costruttive.

Nel 1920 Tatlin intraprese l’impresa mitica: quella di dare all’uomo moderno, e a quello del futuro, le ali per volare.

Convinto che il genere umano discendesse dagli uccelli, e che l’uomo dei primordi sapesse volare, cercò di riappropriarsi di questa esperienza creando Letatlin, sorta di grande organismo vertebrato idealmente destinato a decollare; leggero, elastico, armonioso, fatto di ossa di balena e ricoperto di seta. Letatlin – un neologismo che coniuga il verbo letat(volare in russo) e il nome dell’autore – sintetizzava in sé arte, tecnologia, utopia e costituiva un’estensione delle sperimentazioni di Tatlin sulle proprietà dei materiali e sui limiti della scultura. Naturalmente non volò mai, almeno non in senso letterale, ma rappresenta ancora oggi un esercizio di meraviglia e di leggiadrìa e un inno al sogno, al desiderio, alla libertà. Come della Tatlin Tower, ne restano alcune testimonianze fotografiche e poco altro.

Nel 1924 Stalin consolida pienamente il suo potere, incontrastato fino alla sua morte. In quei decenni il desiderio del volo, la spinta verso il verticalismo permea ogni aspetto della società sovietica. Grazie agli studi di cultura, possiamo entrare nel pieno del sogno e sentire l’affanno dell’instancabile salita verso l’altezza sconfinata.

Il dipinto “Vse Vyse” dell’artista avanguardista Serafima Ryangina vede protagonista una giovane coppia operaia socialista, nel momento lavorativo. Sono in alto, parecchi metri dal terreno, su un traliccio elettrico, sorridenti e illuminati dal sole, entrambi si guardano con intensità e fierezza. Dinamismo, tecnologia, meccanicismo, dinamismo sono i veri colori dell’opera, chiara celebrazione del progresso dell’URSS del piano quinquennale. E’ la fluttuazione tra l’essere del presente e l’essere del futuro della produzione collettiva.

Vse Vyse è anche il titolo di una delle marce degli aviatori sovietici. I ritmi sono incalzanti, la musicalità gioviale decreta la morte dell’uomo Oblomov.

Il ritornello “siamo nati per trasformare la realtà” mette al centro del mondo il novyj čelovek (uomo nuovo)  il vero protagonista, libero dai vincoli del passato, dalla religione e dagli ideali del vecchio mondo. Sono gli anni in cui la produzione stabilita dai piani quinquennali è alle stelle, così come verso le stelle è rivolto, sempre di più, lo sguardo dei sovietici. I falchi dell’aviazione sovietica sono i nuovi miti da celebrare. Veloci, tenaci, temerari, fedeli alla patria, al loro Stalin, sono i conquistatori delle forze aeree della natura. Per le loro caratteristiche, per i successi che otterrano in guerra, il 18 agosto verrà consacrato come giornata di celebrazione  dell’aviazione russa. C’è un limite nella e oltre la stratosfera per l’uomo sovietico del XX secolo? La spinta verso l’altezza sconfinata è rappresentata già negli anni , ma è tra gli anni ’50 e i ’60 che l’acmé trova la sua attuazione. Arriviamo in piena Guerra Fredda, con il mondo diviso, polarizzato tra Usa e Urss, Nato e Patto di Varsavia, Capitalismo e Comunismo, Stalin è morto, ma il suo successore Chruščëv lancerà l’Unione Sovietica sempre più in alto, dove nessuno è mai arrivato, nello spazio, fluttuando tra le stelle. Dal Cosmodromo di Bayqoñyr(un tempo Leninsk), la più anziana al mondo tra le basi di lancio, il 4 ottobre 1957 il primo satellite, Sputnik 1, viene lanciato nello spazio, sotto lo sguardo basito di tutti i telespettatori del mondo.

 

Una volta spiccato il volo non si può che andare sempre più in alto, tutti devono essere protagonisti. Così il 3 novembre la tristemente nota cagnolina Laika viene mandata nello spazio, senza farvi più ritorno, deceduta per la paura, o forse per i rumori, o per i cambiamenti di pressione. E’ un periodo in cui le cause animaliste sono lontane anni luce(per rimanere in tema)il dinamismo verticale non ha freni, così altri loppidi diventano protagonisti, con fortuna o meno. Sono due cagnoline di piccola taglia, scelte da scienzati tra le strade di Mosca, a spianare la strada agli umani : Belka e Strelka. Dopo aver orbitato diciotto volte attorno al pianeta, il 16 agosto del 1960 tornano sane e salve.  Giungiamo al 16 aprile 1961, quando la storia di fonde con la leggenda, quando un uomo diventa un mito, quando Jurij Gagarin assume le vesti del “Cristoforo Colombo dello spazio”, quando dalla base di lancio kazaka parte Vostok 1, la prima navicella con l’equipaggio umano spicca il volo. Tutto il mondo resta allora con il fiato sospeso, dubitando che il figlio di un carpentiere possa compiere una simile missione. “C’è in gioco, il senso stesso della Rivoluzione d’Ottobre: un’aspirazione alla giustizia e all’uguaglianza che Gagarin racconta attraverso la sua vita, dall’infanzia, trascorsa al tempo della resistenza contro l’invasore nazista e alla vittoria della «grande guerra patriottica», fino all’addestramento riservato ai piloti dell’aeronautica, passando per la vita nel kolchoz e per gli studi preliminari all’ammissione nel Partito comunista. ” Dirà lo stesso Gagarin nella sua autobiografia “Non c’è nessun Dio quassù. L’autobiografia del primo uomo a volare nella spazio”.

 

Una grande avventura dove in primo piano c’è l’uomo, le sue aspirazioni e i suoi sogni. Jurij Gagarin trova la via del cosmo, riportando dalle orbite frasi destinate a restare famose per sempre: “Non c’è nessun dio quassù“. Ogni santità è così relegata al passato più remoto, ogni trascendenza spirituale non ha più senso, nel mondo dell’Urss l’uomo è l’unico protagonista. Non solo protagonisti maschili, l’uguaglianza della rivoluzione non accetta differenze di genere, anche le donne hanno lo sguardo rivolto verso l’alto, anch’esse bramano la fluttazione tra le stelle. Ammiratrice di Jurij Gagarin, Valentina Vladimirovna Tereškova nel 2962 riesce a partecipare all’esame di assunzione per il primo gruppo di donne cosmonaute; supera con merito l’esame insieme ad altre quattro candidate e inizia, così, il suo addestramento. A bordo di Vostok 6, il 16 giugno 1963 Valentina  viene lanciata per una missione nello spazio della durata di 49 orbite terrestri. In questa piena epopea chruščëviana di conquista dello spazio anche le decorazioni per l’albero e le cartoline di auguri si adeguarono alla entusiastica celebrazione delle spedizioni spaziali. Nonno Gelo abbandonò l’obsoleta trojka e inizia a spostarsi su razzi avveniristici e cosmonauti e navicelle spaziali si sostituiscono a più antiquate figurine.  Leonìd Il’ìč Brèžnev passiamo da anni di estro e di fantasia a un periodo tinto da colori grigi e piatti. Il verticalismo si inclina, immobilizzandosi nell’orizzontalità tanto osteggiata in precedenza. Il Comunismo deve far fronte ad altre esigenze, è tempo di nuove sfide e la Guerra Fredda assume nuovi toni. I ricordi di quelle imprese, gli sguardi rivolti verso l’infinito verticale, la tenacia dei protagonisti cosmonauti non sono andati perduti. Affinché il tempo non cancelli la memoria, affinché il passare degli anni non crei crepe nel ricordo della memoria collettiva, affinché quei sorrisi continuino a risplendere tra le stelle, viene istituito il Museo della Cosmonautica a Mosca nel 1981, ventanni dopo l’impresa leggendaria di Gagarin. Il volo, il protendersi verso le dimensioni precedentemente ignote, ridisegnare, abbattere i confini conosciuti, creare una nuova dimensionalità, la scoperta del nuovo.

Così, questa nuova avventura fluttuante verso Est, o dall’Est verso noi.

Buona lettura, ora e in futuro

 

Fonti fluttuanti

Ringrazio ancora il Professor Piretto per il materiale inviatomi dopo la sua presentazione, da cui ho attinto alcune immagini.

Immagine copertina dell’evergreen Wikipedia

https://giacomoverri.wordpress.com/2016/12/21/nonno-gelo-in-sputink-il-natale-al-tempo-dei-soviet/