“Il mare univa popoli che la storia ha diviso. Turchi e cristiani, Africa ed Europa, Oriente e Occidente. E nell’Adriatico più stretto, dove il Salento guarda le montagne albanesi, la nostalgia per l’unica patria mediterranea è ancora più struggente”. Con questo estratto tratto da “Lo Specchio del Mare Mediterraneo (sec. XVII)”, a cura di Predrag Matvejević, iniziamo questo appuntamento fluttuante dal tepore primaverile.
I dirimpettai dell’Adriatico sono protagonisti di scambi ed intrecci culturali da secoli, nel solo caso dell’Emilia Romagna basti pensare ai noti borghi romagnoli di San Leo e San Marino, che prendono il nome da due scalpellini giunti dalle coste dalmate nel Basso Medioevo. Se poi ci addentriamo nei legami culturali tra Bologna, i nativi e/o adottati artisti provenienti dall’altra parte dell’Adriatico la storia é molto ricca, ho già avuto modo di conoscere le figure e i contributi culturali di Pier Gabriele Goidanich e Michele Leskovic, detto Escodamé. In quel caleidoscopio di fervori di inizio XX secolo, accelerati dall’innovazione futurista, ho incrociato un artista indescrivibile, a lungo all’ombra della storia: Mario Mirko Vucetich.
Mario Mirko Vucetich è tante cose, architetto, scrittore, scultore, poeta, traduttore, scenografo, regista e attore, è l’uomo che diventa arte e l’arte che diventa uomo. Possiamo conoscere meglio il patrimonio di questo artista grazie all’illustre studioso di liberty in Italia, il romagnolo Andrea Speziali, autore del primo studio monografico dedicato a questo artista originale, versatile, esuberante: “Mario Mirko Vucetich (1898-1975). Pittura, disegno, architettura, scultura”. “Si tratta della prima ricostruzione della carriera di un solitario, nella stagione più felice e più fertile dell’arte italiana del Novecento”1, dell’attività vulcanica di questo maestro cosmopolita e cangiante. Internazionale nelle origini, nei natali e nella vita, durante la sua attività sarà ben inserito sia nei frastuoni delle metropoli, sia nella tranquillità silenziosa della provincia. Originario della costa dalmata del Montenegro, sotto le bandiere della Repubblica di Venezia, la famiglia, il cui nome nome originario era Vucotich, si trasferì nella Serenissima durante i moti del 1848, dove cambiò il nome in Vucetich. “Per parte femminile la famiglia risulta imparentata con importanti e blasonate dinastie: gli Asburgo, i Petrović-Njegoš, i Romanov, gli Hohenstaufen, gli Hohenlohe, i Savoia, i Karađorđević”.2
Mirko Vucetich nasce a Bologna il 9 gennaio 1898 dove inizia gli studi che terminerà a Napoli per motivi legati all’impiego del padre. Proprio nel capoluogo partenopeo ottiene il titolo di professore di disegno architettonico, avviando la sua carriera poliedrica. Nel 1919 viene assunto come architetto presso il Comune di Gorizia, accostandosi all’impeto del Futurismo, diventando uno dei protagonisti incontestati del Movimento Futurista Giuliano, contraddistinto in quella “cultura di frontiera” che permea la regione, con i suoi tratti mitteleuropei e la coesistenza del mélange socio-antropologico-culturale italiano e sloveno, che sfocia nelle Energie Futuriste. Il nostro lancia a Gorizia la Sezione del Movimento Futurista per la Venezia Giulia insieme a Sofronio Pocarini sancendone, di fatto, la nascita.
Dopo pochi anni iniziano le peregrinazioni tra Bologna, Venezia e Riccione, sono gli anni del suo estro floreale, dell’esplosione artistica rappresentata da Villa Antolini, emblema architettonico del Liberty italiano, sita a Riccione, e di Villa Meriggiani a Bologna che tutti chiamano ‘’Villa del Meloncello’’, perché confinante con l’Arco del Meloncello, progettata dal padre di Cesare Mattei, il conte famoso della Rocchetta Mattei.
Sono le opere per cui maggiormente è conosciuto Vucetich, oltre alla Partita a scacchi di Marostica. La sua istrionica personalità, la straordinarietà dell’uomo Vucetich, l’immensa delicatezza del suo carattere ha permesso la realizzazione di uno sconfinato patrimonio artistico, definito da Speziali come “artista vulcanico oggi risorge come un genio dimenticato, dopo aver conosciuto un temporaneo oblio per colpa sia della Cultura ufficiale, sia di quella più stretta cerchia di persone che gli sono state vicine negli ultimi anni, ma si sono limitati a custodire con affetto e ammirazione il lascito della sua produzione artistica, solo oggi nuovamente esposta”.3
In questo articolo ho voluto concentrarmi sul Vucetich scultore, lontano dal liberty di Villa Antolini e dall’aria spensierata della perla verde dell’Adriatico negli anni ‘80 e ‘90. Sono sculture cadute al lungo nell’oblio. Perché? La storia dell’attività artistica del nostro si intreccia inevitabilmente con il Ventennio, ritenuto fervente sostenitore del fascismo, sorge spontaneo chiedersi se lo fosse davvero. Le sfumature di quell’ epoca sono molteplici, non sappiamo se avesse aderito con convinzione o solo per interesse, era un artista attivo a 360 gradi, molto estroverso e socievole, inserito in vari ambienti, ha saputo accattivarsi tutti, difendendo al meglio i propri interessi artistici e personali. Mario Mirko Vucetich può essere considerato l’emblema dell’artista che ha aderito agli ideali estetici del Ventennio, rimanendone schiacciato dalla storia. Proprio per la storia l’artista nutre un forte interesse, uno studio continuo e il desiderio di divulgarla con la sua opera. Mediante la sua scultura colorata dapprima dalle suggestioni simboliste poi dalla poetica del Novecento scrive rilevanti capitoli sui libri di pietra della storia del nostro paese. Distante dalle decorazioni iridate e della sinuosità delle dolci linee dolci intrecciate, ci immergiamo in un’atmosfera sacrale, nella tragedia delle guerre mondiali, nell’afflizione dell’uomo, nella presenzialità della morte. Sono gli anni operativi in Veneto e del il suo trasferimento definitivo a Vicenza, dove vi rimarrà fino alla sua morte nel 1975. Qui e in altre città venete esegue opere considerevoli, dei monumenti ieratici quali il Monumento ai caduti di tutte le guerre a Bolzano Vicentino, con l’abbraccio di due corpi con alla base i nomi dei Caduti durante la Grande Guerra e il Monumento agli ex internati dei lager nazisti di Pescantina.
Mi voglio soffermare sul Tempio votivo all’Internato Ignoto di San Gaetano in Terranegra, nell’immediata periferia di Padova, dove troviamo un ragguardevoli monumenti dell’artista dalmata-italiano. Sito all’interno del Museo dell’internamento, unico nel suo genere, dedicato alle vittime alle volte dimenticate durante le ricorrenze memoriali, e non solo: gli I.M.I., i circa 810.000 soldati italiani vittime della brutale rappresaglia nazista dopo l’armistizio di Cassibile, definiti internati militari italiani dalle autorità tedesche. Il Museo è inscindibile dal Tempio: insieme custodiscono lo studio e la divulgazione della disumana esperienza dell’internamento all’interno del sistema concentrazionario nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Fortemente voluto dall’Associazione Nazionale ex Internati(A.N.E.I.).“Il Museo Nazionale dell’Internamento, adiacente al Tempio Nazionale dell’Internato Ignoto, è stato inaugurato il 19 settembre 1965 dal Cardinale Giuseppe Beran, Arcivescovo di Praga, ex deportato, e dal Ministro della Repubblica Italiana Luigi Gui, ex partigiano. Tuttavia, il primo nucleo del Museo, promosso e realizzato dagli ex I.M.I., risale al 1953”.4
Mentre il Tempio Nazionale inaugurato il 3 settembre 1955 è in stile romanico, a forma di croce latina, sacrale e disadorno, così come vuole la tradizione del Tempio-Ossario. E’ considerato il “secondo Altare della Patria”, perché custodisce le spoglie dell’Internato Ignoto, esumate da una fossa comune di Colonia, in Germania, grazie sempre all’intervento dell’ A.N.E.I. Traslato in Italia e provvisoriamente collocato sull’Altare della Patria a Roma, a inizio settembre 1953 giunge presso il Tempio a Padova dove sarà vegliato durante la notte da tre madri di militari deceduti nei Lager. A sinistra del pronao troviamo la cappella con questo ieratico secondo altare della patria sul quale l’artista dalmata-bolognese colloca la sua memoria di pietra: la scultura del Cristo di Buchewald che sormonta il sarcofago con le spoglie dell’Internato. La scultura in terracotta patinata é maestosa, eloquente e nella sua solennità evoca ogni povero internato che ha vissuto quelle esperienze dolorose del sistema concentrazionario laddove pietà e compassione non avevano posto. Lo stesso abbigliamento succinto a righe richiama le casacche dei prigionieri.
All’interno dello stesso tempio votivo il camaleontico Vucetich scrive un altro capitolo di pietra: il gruppo scultoreo bronzeo de La Pieta’, in memoria della principessa Mafalda di Savoia- Assia, secondogenita di Vittorio Emanuele III, deportata e deceduta a Buchenwald. L’autore racconta il dramma delle donne che morirono nei Lager lontane e sole e delle madri recise dentro dallo strazio della morte del figlio. “Il Cristo in posizione statica e di abbandono e’ sostenuto dalla Madre che tenta di portare col suo braccio la mano del Figlio morto fino alla sua guancia per l’ultima carezza, nell’estremo quanto inutile tentativo di ridargli un soffio di vita che verrà certo poi pienamente nella risurrezione”.5
Il Sacrario è diventato meta di devotissime visite da parte dei reduci e delle famiglie dei caduti e ogni anni si celebrano due cerimonie ufficiali, la Giornata della Memoria il 27 gennaio e l’ Anniversario dell’Internamento la penultima domenica di settembre, durante le quali vengono consegnate le Medaglie d’Onore ai militari e civili della provincia, internati nei lager nazisti, o ai familiari di quelli deceduti o impossibilitati a partecipare, che ne hanno fatto richiesta, da parte del Prefetto di Padova.
Concludo questo appuntamento fluttuante con le parole poste sulla vetrata all’ingresso del sacello del Tempio ad opera del pittore Antonio Bastianello “Ricordare, imparare, non odiare” , è il monito di questo libro di pietra a non dimenticare la memoria di uomini e donne che, seppur sviliti e oppressi hanno saputo opporsi e contribuire alla nostra Liberazione.
Un grande ringraziamento allo studioso Andrea Speziali per il lavoro superbo su questo artista formidabile.
Alle prossime fluttuazioni.
Fonti fluttuanti
1Mario Mirko Vucetich (1898-1975)Pittura, disegno, architettura, scultura, Andrea Speziali, pag.14
2Ibidem, pag. 36
3Ibidem, pag. 26