SINestESIA : un viaggio verso EST a cura di Jana Lišková.

L’etimologia del termine sinestesia deriva dal greco Syn, ‘insieme‘, e Aisthànestai, ‘percepire‘, e nel complesso significa ‘percepire insieme, sentire insieme’. Infatti la parola sinestesia serve proprio ad indicare un’esperienza di percezione simultanea.” Se diventa SINestSIA è la contaminazione dei colori, dei suoni e dei sentimenti e della nostalgia che attraversano il mondo oltrecortina.

Fino al 24 febbraio sarà possibile compiere questo piccolo viaggio verso Est presso la Galleria BDC di Parma, nelle maestose mura di una seicentesca chiesa sconsacrata che fa parte del progetto BDG Catalog inaugurato nel 2016 da Lucia Bonanni e Mauro Del Rio. Abbandonate le vesti sacre, i due hanno rinnovato questo luogo sacro in un centro ai arte contemporanea, con eventi, mostre e musica live. Alla base dell’idea c’è la giovane curatrice slovacca Jana Lišková che, attraverso lo sguardo di sei fotografi, mette in mostra l’Est, affrancandolo dall’idea di monotonia, tedio, grigiore,di mondo a sé stante, come ancora oggi viene visto da taluni. Ho conosciuto Jana qualche giorno fa e mi ha detto “ancora oggi qualcuno mi chiede se a casa mia abbiamo la luce”, abbiamo sorriso insieme “ho voluto rappresentare una parte del mio mondo” con il filo conduttore della nostalgia. Parlare dell’Est Europa è parlare di un mondo in continuo mutamento con lo sguardo rivolto al passato, dipinto dalle diverse sfumature della nostalgia.

Ho visitato la mostra con la stessa Jana, che mi ha parlato con l’emozione e con l’intimismo di chi vuol rappresentare e far conoscere la propria terra. Questo è il tratto peculiare della sua mostra, lontano dalla lestezza, dai fervori politici, dalla crescita economica veloce che sta attraversando molti del paesi dell’Est, lei ha fatto dell’intimismo la connotazione con cui permea la sua analisi. Lontana dai piani alti, Jana sceglie il punto di vista dal basso, è l’Est raccontato dalla gente che la abita o la gente che l’ha visitata, da entrambe le visioni. Perdersi nelle foto è come perdersi un un libro di favole tradizionali di un luogo lontano, dove l’intimismo ne fa da padrone.

Iniziamo il nostro itinerario con la fotografa Marietta Varga e la sua serie My Town Siòfok II, città situata a sud del lago Balaton ,già conosciuto e apprezzato nell’antichità dai Romani (lo chiamavano Pelso) per la vita vivace e colorata già in quel periodo, come attestano numerosi resti archeologici. Nota come città dell’estate, dei festival per la sua cangiante attività culturale durante i mesi estivi. La fotografa dà vita alla Siófok dell’inverno avvolta nelle note del silenzio, in un dolce immobilismo. Con suoi colori diafani sembra di vivere un sogno infantile lontano, fasciato dalla malinconia. Guardando le foto mi è sovvenuta alla mente la delicata storia d’amore tra i giovani protagonisti del film “Lasciami entrare”, con il silenzio assordante e l’oscurità del gelido, immacolato inverno svedese.Davanti alle foto di Marietta Varga compiamo un piccolo viaggio onirico malinconico della nostra infanzia.

Continuiamo con lo sguardo di Alessandro Padalino e il suo lavoro Serie Urban Silence tra Slovacchia , Bulgaria e Russia, tra Ostalgie e decomunistizzazione.

La sua ricerca si sviluppa mettendo al centro della sua analisi elementi di architettura,monumenti, iconografie delle periferie delle città dell’ex blocco sovietico, in relazione con la presenza umana, colta nella sua fissità temporale e nell’isolamento. E in questa relazione Alessandro mostra l’anima slava nostalgica, scissa in due, tra chi vorrebbe radere al suolo il proprio passato, riducendolo in briciole o semplicemente calpestandolo o circondandolo con nuove opere architettoniche. Significativa è la foto in cui questo gruppo di giovani ragazzi pestano tranquillamente le statue dell’ex regime.

Anche se non è protagonista di questa mostra, a tal proposito è utile portare l’esempio di Varsavia e del suo Palazzo della Cultura, non abbattuto al suolo, ma circondato sempre di più da nuovi edifici finanziari, economici e commerciali con la loro propensione e tensione verso l’Ovest. L’altra anima vorrebbe invece la ristrutturazione e il rispetto per la testimonianza storica e per i loro simboli, nonché della propria memoria. L’anima slava, nei suoi romanticismo e nostalgia, è protagonista dei suoi scatti. Ho amato e mi sono emozionata di fronte alla foto ritraente la ragazza con il busto di Lenin di fronte, come se i due siano nel pieno di una conversazione. Questo bar è un viaggio nel tempo, nella periferia. Superfluo è  il collegamento con l’istante in cui la madre protagonista di “Goodbye Lenin” si trova il busto di Lenin svolazzante davanti ai suoi increduli occhi.

Proseguiamo i binari dell’Est con la fotografa più famosa e conosciuta della mostra : Benedetta Ristori. Il suo progetto “East” nasce dalla ricerca e dall’approfondimento delle strutture brutaliste, i monumenti dell’Ex Jugoslavia, agli antipodi di ogni idea estetica e idea memoriale che abbiamo noi. Questi monumenti hanno un nome proprio : Spomenik e sono i monumenti memoriali immersi nella natura e chiusi nel loro astrattismo, immagini di malinconica e potente bellezza. Sono piuttosto insoliti, sembrano più sculture in un museo a cielo aperto che le solite sculture commemorative ricche di pathos, tipiche dell’architettura est europea sovietica. La fotografa rende protagonista il paesaggio nelle varie stagioni e , attraverso esso, coglie la doppia anima nostalgica.

Volontariamente non indaga storie personali o tematiche sociali, la nostalgia è qui presentata attraverso ambienti e paesaggi in cui sono presenti simboli storici e architetture richiamanti il recente passato sovietico e titoista, in connessione con una quotidianità spesso incurante di questa presenza.

Continuiamo con Andrej Balco e le sue periferie slovacche di “Serie Suburbs”. Periferie contraddistinte dagli imponenti, peculiari block abitativi, che facevano da cornice.

I block sono il segno del passato recente e dell’appartenenza all’ex URSS, con i loro prezzi accessibili, erano stati ideati per fornire un alloggio a tutti. Più di due milioni di slovacchi vivevano e vivono in questi blocchi di grandi appartamenti. Queste strutture hanno contribuito molto all’immaginario dell’oltrecortina, descritto come anonimo, grigio, privo di individualità, piatto e indistinto. Accantonata la visione fatiscente e dell’oppressione politica passata, il fotografo slovacco mette al centro della sua ricerca gli attimi di vita singolari, spesso bizzarri, evidenziandone colore, varietà e vividezza. L’ironia diviene così la cifra con cui Andrej Balco parla della nostalgia e del mondo dell’est, quel sarcasmo misto alla semplicità tipici del mondo slavo. La “policromia sarcastica” delle sue opere ha fatto sì che una delle sue foto diventasse la copertina dell’evento.

Cambiamo totalmente visione passando alle foto di Valeriy Bukhnin con il progetto “Kenozero” che , analogamente a Marietta Varga, ci conduce in un mondo sospeso nel tempo, dalla materia impalpabile.

Lontano dallo scenario russo industrializzato rivolto verso l’alto del periodo sovietico, l’artista russo riabbraccia e ripercorre l’orizzontalità del paesaggio, ritratto nella sua maestosità, nei suoi silenzi e nella sua pace. Proprio quell’orizzontalità che i sovietici legavano indissolubilmente all’oblomovismo che andava abbattuto. Nella calma, nella discrezione e nell’incomunicabilità dei paesaggi, veniamo permeati da una malinconia che ci riconduce ai ricordi infantili.

Ultimo artista della mostra è Alessandro Treggiari con “Senza titolo” con il suo granuloso bianco e nero di lynchiana memoria mette in scena la solitudine e la malinconia dei posti. Per quanto siano artisticamente valide le sue opere, sono state quelle in cui ho sentito di meno la rappresentazione della nostalgia del mondo slavo.

Attraverso lo sguardo dei sei fotografi possiamo toccare con mano come nella realtà di questi territori sia palpabile la storia controversa, ancora molto recente, e come lo sguardo verso di essa sia avvolto da una sottile aura malinconica e nostalgica, come ci spiega la stessa Jana. A proposito di nostalgia la studiosa slavista Svetlana Boym distingue due tipi di nostalgia : restauratrice e e riflessiva. La prima cerca di trovare e ricostruire la dimora perduta, recuperare la memoria collettiva, si esplica con la ricostruzione di monumenti del passato ed è tipica dei revival nazionali e nazionalistici. La nostalgia riflessiva si sofferma sulle vestigia, sulla narrazione individuale e sul ricordo. Questa vena nostalgica che attraversa tutta la mostra è definita come Ostalgie, neologismo apparso nella lingua tedesca nel 1993 per definire il rimpianto nella Germania orientale a seguito della scomparsa della DDR.

E’ stato emozionante aver visitato questa mostra ma,soprattutto, aver conosciuto la curatrice Jana e uno dei fotografi, Alessandro, che mi hanno accompagnato durante la visita ed aver scambiato impressioni e altro sui nostri rispettivi progetti. Quando c’è una passione che ci fa svegliare la mattina, il resto passa in secondo piano. E questa passione è negli occhi di Jana quando parla del suo paese di origine e del suo progetto.

Come si fa a fotografare la nostalgia?

Nostalgia innata,

Per i luoghi che abbiamo dovuto abbandonare.

Per i posti che non abbiamo mai lasciato.

Per quelli dove non siamo ancora arrivati.

Per tutte le persone che non ci sono più.

Per tutte quelle che non abbiamo mai conosciuto.

Per noi stessi.

Per quello che siamo stati.

Per quello che non diventeremo mai.

Un’anima slava non diventa mai nostalgica.

Un’anima slava nasce così, nostalgica.

Un’anima slava non potrà esistere senza la presenza della nostalgia.

[…]

sinESTesia, vivere un pezzo della memoria collettiva sentendolo come ricordo intimo

sinESTesia, sostituire l’impressione con un banale pregiudizio, un’opinione con uno stereotipo.

sinESTesia, sentire i propri paesaggi della memoria come memoria dei paesaggi.

sinESTesia, verificare l’interferenza tra imparare e dimenticare.

SinESTesia, un progetto estetico che promette di continuare a crescere, quasi un manifesto del divenire. E se questo non è coraggio…

Svetlana Grnčaroska

Inverno, 2019

Scheda tecnica

Titolo: SINestESIA: Fotografia contemporanea dell’Europa dell’est

Durata: 8 – 24 febbraio 2019

Sede: BDC, Borgo delle Colonne 28, Parma

Fotografi: Andrej Balco, Valeriy Bukhnin, Alessandro Padalino, Benedetta Ristori, Alessandro Treggiari, Marietta Varga

A cura di: Jana Liskova

Inaugurazione: 8 febbraio 2019, ore 18:30

Orari di apertura: Feriali: su appuntamento, Festivi: sabato e domenica dalle 15.30 alle 19

Ingresso libero

Sarà disponibile in vendita il Catalogo

BDC – Bonanni Del Rio Catalog

BDC – Bonanni Del Rio Catalog è il progetto di Lucia Bonanni e Mauro Del Rio dedicato all’arte contemporanea.
Inaugurato a Gennaio 2016 ad Artefiera a Bologna, riunisce l’insieme delle attività e delle produzioni organizzate dalla coppia, relative all’arte contemporanea: una serie in divenire di eventi, oggetti, luoghi ognuno identificato da un numero progressivo.

Il quartiere generale di BDC è BDC28, chiesa sconsacrata nel centro storico di Parma, dove si sviluppa la più lunga ed elegante via porticata della città. Qui nel Seicento una confraternita legata alla Chiesa di San Benedetto fondò l’oratorio di Santa Maria della Pace. Agli inizi del Novecento l’istituto religioso fu sconsacrato, quindi riconvertito a officina meccanica, e in seguito a garage, finché nel 2015 è stato recuperato e riaperto alla città di Parma con il progetto BDC.

Oggi è un centro dedicato all’arte contemporanea: fotografia, disegno, musica live, performance,incontri