Teodoro e Michele Galitzin : due principi russi presso la Certosa di Bologna. Appunti di un Risorgimento fluttuante.

Tra i fiori di pietra dei giardini cimiteriali possiamo incrociare le campane della morte perché la leggenda narra che chi sente il tintinnio delle campanule è prossimo trapasso.

Nessun tintinnio, nessun trapasso della sottoscritta, ma noto subito i nomi dei sorpassati di campanule decorati: Teodoro e Michele Galitzin, principi russi.

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Dettaglio monumento Michele Galitzin 

Questo legame italo-russo mi incuriosisce subito, prendo nota e  e mi riprometto di capirci di più.

Io, Teodoro e Michele Galitzin riceviamo l’occasione per conoscerci : la Settimana alla scoperta dei Cimiteri Europei (Week of Discovering European Cemeteries), la principale iniziativa promossa annualmente da ASCE – Association of Significant Cemeteries in Europe, la rete europea di realtà pubbliche e private costituitasi a Bologna nel 2001 che ha come finalità la valorizzazione storica e artistica dei cimiteri come beni culturali. Da un elemento di simbologia funebre finiamo ai principi russi e con essi leggiamo alcune pagine del Risorgimento italiano, contenuto nel libro di pietra della Certosa di Bologna perché ogni paesaggio ha delle proprie fonti in cui risiede una memoria che attende di essere scoperta.

Lo storico tedesco Johann Gustav Droysen ha definito fonti storiche tutti gli elementi utili allo studioso per ricostruire la storia di un determinato spazio in un determinato periodo. Droysen distingueva tra gli “Avanzi”, le “Fonti”, i “Monumenti”. “Nei “Monumenti” “confluiscono e si frammischiano i caratteri delle fonti (ciò che è stato fatto appositamente per tramandare ai posteri il ricordo di sé, un intenzionale sguardo verso l’avvenire) e degli avanzi (ciò che rimane di età trascorse, fatto per provvedere ai propri immediati bisogni). Nei Monumenti dunque si rivela l’intento pratico, il bisogno contingente di ornare la propria città (archi di trionfo, colonne ecc.), ma c’è pure il desiderio di rimanere presenti, con quelle costruzioni, nel pensiero e nel sentimento dei posteri”.1

Così è partita la ricerca sui due principi russi : osservando la memoria presente nel paesaggio cimiteriale, ripercorrendo il ricordo dalla morte alla vita.

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Portico del Chiostro III, Certosa di Bologna

I libri di pietra, come quelli cartacei, constano di diversi capitoli, i nostri Teodoro e Michele Galitzin li troviamo nel grande capitolo del Chiostro III, fulcro del Cimitero della Certosa “riflesso della cultura neoclassica bolognese dove, alle iniziali tombe dipinte si aggiungono opere in stucco e scagliola”. Tra lo sguardo angustiato della Desolazione, il ricordo delle note di Rossini attraverso la Tomba Rossini Colbran, notiamo una toponomastica non sempre di origine italiana. La Certosa durante tutto l’Ottocento ha un’anima internazionale, è meta del turismo europeo, di letterati, notabili, aristocratici. Lord Byron, Charles Dickens e Sigmund Freud avevano questo complesso monumentale nel cuore. Altri stranieri hanno subito una fascinazione tale da decidere di trascorrere la vita dell’aldilà nel cimitero bolognese. Toponomastica bolognese e straniera si alternano tra loro. Con mia somma gioia molto cognomi vengono dall’altra parte della Cortina.

Il doppio monumento funebre dedicato ai principi russi nasce dai disegni dell’architetto Antonio Cipolla, il quale si avvale di Antonio Rossetti per le sculture e di Giuseppe Palombini per gli ornati.

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Monumento di Teodoro Galitzin

Il Rossetti incide la propria firma e la data, 1851, sotto il cuscino su cui si posa il capo di Teodoro. A proposito di questo monumento ricordiamo il commento della rivista “La Civiltà Cattolica”. “[…]L’architetto sig. Cipolla allo studio grandissimo da lui posto ne’ monumenti classici del cinquecento ha accoppiato quell’intimo senso cristiano che è ora tanto ragionevolmente voluto ne’ monumenti religiosi. Su questo punto specialmente, da lui molto mirabilmente ottenuto, si versano le precipue lodi date a quel monumento da lui ideato. Mentre poi il concetto cristiano è così chiaro e così ben esposto, l’architetto seppe aggiungervi il vero buon gusto dello stile classico antico[…]Il monumento ideato dal sig. Cipolla può far buona fede che l’eleganza greca non contraddice per nulla all’arte cristiana.”

Il manufatto è costituito da un’edicola in marmo, collocata a parete entro un’arcata: nella parte inferiore vi è un basamento con lapide commemorativa affiancata da due stemmi realizzati a rilievo; nella parte centrale, su un basamento con iscrizione è inserita la rappresentazione di un sarcofago con la salma del defunto posta sul coperchio; i pilastri dell’edicola sono decorati con candelabre a rilievo; l’arco è arricchito da testine alate di putti e la lunetta rappresenta la madonna in trono con bambino e due angeli. La parete di fondo dell’arcata è intonacata e dipinta”.3

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Monumento di Michele Galitzin

Il monumento di Teodoro fa pendant con quello dedicato al fratello Michele realizzato dieci anni dopo, mentre era in viaggio in Italia. Anche questo monumento venne eseguito dallo scultore Antonio Rossetti su disegno di Antonio Cipolla, coadiuvandosi per gli ornamenti da Giuseppe Palombini. Alla base dell’angelo è incisa la firma del Rossetti e la data, 1861.

L’opera è ricordata anche da Enrico Bottrigari nella sua ‘Cronaca di Bologna‘: “A questi giorni è stato collocato alla Certosa un nuovo monumento alla memoria del Principe Michele Galitzin, diplomatico russo che, morto nel 30 Marzo passato scorso, volle essere tumulato accanto al fratello suo, Teodoro, cessato di vivere in Bologna, che ordinò d’essere sepolto nel nostro Cimitero. […] Il nuovo monumento è nel concetto architettonico simile quasi al primo, benchè in questo scorgasi più fecondità di concetti, mentre nell’ultimo vi è maggiore nobiltà di forme e grandiosità; per cui può dirsi che ambedue appartengono allo stile classico, delicato il primo, più armonico il secondo. Il nuovo si compone di due parti, d’un’urna cioè, da largo basamento, e d’una nicchia entro la quale sorge l’angelo tutelare della tomba, in atto mesto e pietoso. L’Angelo è opera dello scultore Antonio Rossetti”.4

Ai piedi dell’Angelo le famose campanule da cui è partito tutto.

Appurata la magnificenza monumentale, perché si trovavano in Italia? I Galitzin rientrano in quel clima ottocentesco italiano, in pieno Risorgimento, che tanto aveva attratto stranieri da diverse parti. Non contestualizzare storicamente non ci permetterebbe di comprendere pienamente il perché del loro eterno riposo in Certosa.

La famiglia Gollitzine, poi diventata Golitzyne e per ultimo Galitzin, vanta le sue origini dai Giagelloni, granduchi di Lituania e re di Polonia. Passata nella Russia, questa famiglia compare presso le principesche e maggiori corti di quel vasto impero, occupando riguardevoli incarichi nella milizia, nell’esercito, nell’amministrazione. A questo illustre lignaggio appartenevano i principi che a noi interessano. Teodoro nasce nel giugno 1805 da Alessandro Mikhailovich Galitzin, maresciallo della corte dell’imperatrice Elisabetta, moglie di Alessandro I di tutte le Russie. Sua madre viveva nella corte della stessa Elisabetta, tanto apprezzata dalla zarina, dalla quale ottiene tanti affetto e un rapporto quasi fraterno che avrebbe garantito benefici futuri. Purtroppo la principessa Galitzin viene a mancare in giovanissima età. La zarina stessa si occuperà della prole(che non molto più tardi avrebbe perso anche il padre) assumendone la tutela. Assicura ai due ragazzi una eccelsa istruzione con i migliori precettori presenti. I due fratelli rimangono uniti per tutta la vita: un esempio di amore fraterno e concordia, viaggiano molto insieme per accrescere la loro educazione. Il viaggio in Italia segna i loro destini, soprattutto quello di  Teodoro ne rimane ammaliato, tanto da desiderare di viverci, dedicare la sua vita alle vicissitudini tumultuose dell’Italia del tempo. “E in questo gli valse il favore della sua augusta protettrice, la quale avendo designato i due fratelli alla carriera diplomatica, fece che Teodoro aggregato fosse alla imperiale legazione di Russia in Firenze. In quella gentilissima città incominciò egli a gustare la bellezza del nostro idioma, che coltivò poi sempre e seppe quanto pochi altri altri”. 5

È Iniziò dell’ avventura italiana di Teodoro Galitzin.

Una fondamentale  testimonianza ci viene fornita dal patriota cesenate Gaspare Finali, dal cui articolo “Due russi in Italia nel 1848” leggiamo “Vi fu un tempo che nell’anima del mondo circolava una corrente di simpatia per l’Italia. Cinquanta anni fa, se le diplomazia ed i governi d’Europa erano in gran parte avversi a noi, erano per noi tutti i letterati, i filosofi, gli artisti, i poeti; questi soprattutto, che s’ispiravano alle grandi memorie del passato[…]Nel 1847, quando un fremito di libertà e d’indipendenza agitò, non le moltitudini, come fu troppo detto, ma gli animi eletti e gl’ingegni colti in tutta l’Italia, da ogni parte provenivano incoraggiamenti e conforti. La causa nostra nazionale pareva quella di tutti i popoli civili; e nel 1848 quando corremmo alle armi, quel favore si mutò in entusiasmo, sino all’enciclica papale del 29 aprile, ed alle sue disastrose conseguenze”.

Uno di essi è Teodoro, l’altro è Grigorij Petrovič Šuvalov, anche lui nobile russo allontanatosi dalla Russia e,dopo un soggiorno in Svizzera, arriva a Pisa dove inizia la lunga esperienza italiana: studiò economia politica, ma soprattutto letteratura italiana, imparando la nostra lingua. Connazionali, coetanei, uniti dal profondo cattolicesimo romano, avevano fatto propria la causa italiana, riponendo entusiasmo, speranze e affetto nella figura di Pio IX.

Il principe Teodoro Galitzin acquista un palazzo che ancora oggi porta il suo nome, nel quale accoglie artisti italiani e stranieri che ricevevano da lui un aiuto signorile. Il secondo piano funge da museo per tutti i bronzi, marmi e quadri che aveva raccolto. Diverse giornate e incontri vengono dedicati all’autore della Divina Commedia, indiscusso vate per entrambi i russi. Dato lo spirito del tempo, la linea che intercorreva tra incontri letterari e politici diventava sempre più impercettibile e molti uomini dediti alla politica cominciano a frequentare il palazzo, tra cui il marchese Luigi Almerici di Cesena. “La fama di quelle conferenze attraeva sempre maggior numero di uditori, sicché non bastò più una camera di casa di casa privata ad accoglierli tutto. Furono quindi trasportati al Circolo Romano, che aveva sede nel palazzo Bernini al Corso. Né il principe, né il conte russo a quelle adunanze mancavano mai”.6

In quel contesto si inserisce presto Gaspare Finali, patriota cesenate, esponente del movimento repubblicano a Roma e nelle Romagne nel 1848-1849. Le sedizioni attraversano tutta l’Europa, in Italia gli antichi ordini diventavano sempre più claudicanti, le riforme si succedevano a livello incalzante, la Sicilia si levava contro i Borboni, Milano cacciava gli Austriaci, Venezia veniva liberata, sembrava che libertà stesse giungendo a breve. “Gli evviva a Pio IX si confondevano con gli evviva all’Italia : e come per una crociata i volontari partivano portandone il segno sul petto”.7

Teodoro Galitzin è uno dei protagonisti di questa crociata, arruolandosi nella Prima Legione Romana. Uno straniero di discendenza e sangue nobile indossa la foggia della guardia civica, imbraccia il pesante fucile per la causa di un paese straniero che sentiva suo. Risalirà con i volontari oltrepassando il Po, fino al Piave. Il violento scontro con gli Austriaci e il conseguente ritiro dei volontari sono fatali per il principe gracile nel corpo, ma virtuoso nell’animo. La sua salute non gli permette di continuare la guerra e viene portato in territorio emiliano. A Bologna esala l’ultimo respiro insieme alle ultime speranze insieme alle armi italiane.

Sempre da Enrico Bottrigari leggiamo “Affranto dal male, in Ferrara ricadde, giunto in Bologna vi è morto! Aveva soltanto 43 anni e 8 giorni. Durante la di lui vita sparse sempre beneficenze sui poveri; non mai indarno, anche in Bologna, a lui ricorsero gli sventurati. Nella Chiesa di S. Gregorio, sua casuale Parrocchia, gli si celebrarono, nel giorno 10, solenni esequie alle quali intervennero i Civici ed i Crociati. Il popolo vi accorse numerosissimo a pregare pace all’ottimo Principe. Indi la salma con grande pompa fu trasferita a S. Rocco, e poscia al Cimitero, ove a cura della Famiglia sorse in seguito un bellissimo marmoreo monumento alla di lui memoria“.8

Il Risorgimento è stato un crocevia di diverse nazionalità, e il Principe russo è uno dei protagonisti di questo composito periodo storico, che mai smetterà di stupire. Così come non smettono di stupire i percorsi e studi storici, che possono partire dall’osservazione di una campanula al cimitero.

Fate però attenzione ai tintinnii.

Dettaglio Monumento di Teodoro Galitzin

Fonti e citazioni fluttuanti

1La memoria nel paesaggio, http://www.novecento.org/pensare-la-didattica/la-memoria-nel-paesaggio-lo-studio-dei-monumenti-ai-caduti-delle-due-guerre-mondiali-sul-confine-mobile-per-una-sperimentazione-attiva-e-creativa-del-passato-1853/

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