“Il cammino verso l’Indipendenza nelle raccolte dell’Accademia Polacca delle Scienze” : dalla Romagna uno sguardo verso Est.

“Si leva un canto dalla folla, e pare la voce stessa della Polonia: un dolore dignitoso di gente usa da secoli ad essere schiacciata e a risorgere. Di gente che viene uccisa sempre e che non muore mai. Quando la targa d’oro si riabbassa, suona una fanfara che ha note piene di passione disperata e turba profondamente. “La fanfara ha stonato parecchio, oggi, perché mancavano i migliori elementi”, spiega la guida. Ed è così, ed erano soltanto stonature quelle note piene di passione disperata. D’accordo. Ma chi ci crede? Ogni cosa in Polonia, ogni gesto, ogni accento, parla della passione polacca”. (Diario Clandestino, Giovannino Guareschi).

Ebbene, le prime fluttuazioni del nuovo anno mi hanno portato nuovamente in Polonia.

L’anno appena trascorso è l’anno in cui Polonia e Italia hanno celebrato il centenario delle loro relazioni diplomatiche. Nel 1918, dopo lunghi 123 anni in cui la Polonia era stata ingiustamente cancellata dalle cartine dell’Europa, rinasceva lo stato polacco e nel 1919 venivano ufficialmente ripristinate le relazioni tra i due paesi. Il 27 febbraio 1919 il governo italiano riconobbe ufficialmente il gabinetto del primo ministro Ignacy Jan Paderewski. In aprile dello stesso anno il Presidente della Camera dei Deputati del Regno d’Italia Giuseppe Marcora nel suo discorso rivolto al ministro degli esteri Sidney Sonnino “salutava come un trionfo della civiltà e della giustizia questa solenne ora in cui l’antica nazione riprende la propria via gloriosa”. La ricostituzione di questi rapporti era ineluttabile, per due paesi uniti da un secolare legame fraterno, precisamente dal X secolo, il secolo in cui nasce lo stato polacco. Dopo le spartizioni del Regno di Polonia avvenute alla fine del ‘700, la Polonia fu cancellata dalle carte geografiche. In quel periodo buio, le nazioni sottoposte a sofferenze si sostenevano a vicenda, cercando insieme la propria emancipazione. Una grande rappresentazione di questa fraterna vicinanza storica tra Italia e Polonia sono degli inni nazionali dei due paesi. E’ infatti l’unico caso al mondo in cui i paesi si citano reciprocamente. Ma c’è di più: l’inno nazionale polacco, detto anche la “Mazurka di Dąbrowski” o “Canto delle legioni polacche in Italia”, fu composto nel 1797 a Reggio Emilia, dove stazionavano le legioni del generale Dąbrowski. Nella stessa città, nel gennaio dello stesso anno nacque la bandiera italiana.

Non stupisce allora che proprio l’Italia fu uno dei primi paesi a riconoscere la Polonia rinata dopo la prima guerra mondiale nel 1918.

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Associazione Polonia di Cesena

Durante lo scorso anno ci sono state diverse mostre, eventi, rassegne e giornate di studio, sulla storia della Polonia e sui rapporti con l’Italia. Domenica ho visitato l’ultima mostra ancora disponibile( fino a domenica 19, quindi affrettatevi!) allestita al primo piano della Biblioteca Malatestiana a Cesena, dal titolo “Il cammino verso l’Indipendenza nelle raccolte dell’Accademia Polacca delle Scienze”. La mostra rientra nella serie di iniziative organizzate e promosse dall’Associazione Polonia di Cesena in collaborazione con lAssociazione delle Famiglie dei Combattenti Polacchi in Italia, il Consolato Generale della Polonia in Milano, Comune di Cesena e la Biblioteca Malatestiana. L’Associazione Polonia opera nel cesenate dal 2008, svolgendo attività rivolte ad integrazione e interazione culturale sociale e linguistica tra Polonia e Italia. Bernadeta Grochowska è la Cofondatrice dell’Associazione che collabora con le Amministrazioni e istituzioni italiane e polacche in vari progetti. Ed è proprio Bernadeta ad avermi ospitata, a farmi prima da Cicerone nella cittadina romagnola, tra una scultura di Leonardo Lucchi, aneddoti sui Malatesta, curiosità storiche e spiegazioni sugli edifici rappresentativi di Cesena. Le chiacchierate continuano davanti a un ottimo Sangiovese e un lauto pranzo italo-polacco a casa di altri due soci dell’associazione, come se ci conoscessimo da tempo. Forse è proprio vero che siamo uniti da un inestricabile, eterno, unico legame fraterno. Nonostante il Sangiovese rendesse difficile lasciare la tavola, arriva il momento di recarsi verso la mostra non senza aver prima usufruito della visita guidata in quel posto fuori dallo spazio temporale che è la Biblioteca Malatestiana, prima biblioteca pubblica in Europa e una delle dieci ad esser perfettamente conservata, senza opere e interventi di restauro. Da queste atmosfere medievali degne de “Il nome della Rosa” vado al primo piano dove è allestita la mostra.

La mostra è contenuta, ma con di spunti nuovi e un punto di vista a mio avviso originale. L’ho ritenuta molto specifica, minuziosa, la cui aneddotica a tratti particolareggiata, con nomi di personaggi completamente ignoti potrebbe creare o aver creato un allontanamento da parte del visitatore. Il mio intento è quello di parlarne per fornire suggerimenti a chi è incuriosito, un’occasione per rivedere insieme un percorso storico a chi già lo mastica , fornire un input per nuove ricerche. La mostra si è avvalsa di scritti, documenti, foto proveniente dall’Archivio dell’Accademia Polacca di Varsavia, è strutturata con diversi pannelli, le cui foto e indicazioni ci permettono di conoscere vari dettagli, osservare i diversi colori, cogliere le sfumature del tortuoso cammino polacco. L’esibizione ci mette di fronte all’”uomo polacco” e alla sua tensione per l’indipendenza e per la causa nazionale.

Fondamentali e preziosi sono  gli studi e i lasciti di Michał Rawita-Witanowski, farmacista, storico, etnografo, Piotr Bańkowski archivista e storico, e di Władysław Leopold Jaworski, giurista e politico (purtroppo ho trovato pochissime informazioni in rete su di loro e solo in lingua polacca).

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Spartito inno nazionale polacco

Il primo pannello la presenza dei polacchi sul territorio italiano durante gli anni funesti del periodo risorgimentale, e l’inno nazionale polacco, Mazurek Dąbrowskiego (Mazurka di Dąbrowski) conosciuto anche come il canto Pieśń Legionów Polskich we Włoszech (Canto delle legioni polacche in Italia). E’ stato scritto ed eseguito per la prima volta nel 1797 a Reggio Emilia da Józef Wybicki, tenente dell’armata polacca del generale Jan Henryk Dąbrowski; quest’ultimo aveva radunato pochi mesi prima un’armata di soldati con cui si unì a Napoleone nella Campagna d’Italia. Il loro impegno contro Russia, Austria e Prussia avrebbe permesso al popolo polacco la riconquista della patria. E’ durante la spedizione militare nel Nord-Italia, e durante i successi bellici che il tenete compose la Mazurka, per celebrare e consegnare alla storia il valore e la magnanimità del comandante e cantare l’amore per l’agognata patria. “L’incipit dell’inno “Jeszcze Polska nie zginęła” (La Polonia non è ancora scomparsa) si riferisce alla spartizione della nazione nel 1795 tra le tre potenze circostanti, mentre nel ritornello “Marsz, marsz, Dąbrowski, z ziemi włoskiej do Polski” (Marcia, Dąbrowski, dalla terra italiana alla Polonia) i militari incitano il loro generale a guidarli al più presto verso la Patria. Ecco dunque spiegata la citazione dell’Italia nell’inno polacco. Qui sotto è possibile ascoltare la Mazurka di Dąbrowski e leggerne le parole affiancate dalla traduzione in italiano”.

Continuiamo con il pannello “Armatevi di falci e di picche” incentrato sulla figura di Tadeusz Kościuszko preminente protagonista della storia polacca, consegnato ai posteri per la famosa Rivolta di Kościuszko. Patriota ed eroe nazionale, un eroe dei due mondi polacco, si era distinto durante la prima guerra di indipendenza americana. La sua esperienza americana si dimostrò inestimabile al ritorno in patria, per partecipare alla lotta per l’indipendenza del paese natio, su cui pesava la minaccia degli artigli rapaci dei nemici vicini russi, prussiani e austriaci. Il 2 marzo 1794 si pose a capo delle forze armate nella piazza del Mercato Vecchio di Cracovia. Le forze polacche non furono in grado di respingere gli invasori e con il fallimento dell’Insurrezione di Kościuszko la Polonia sparì dalle cartine politiche del continente europeo per i successivi 123 anni. Di questo tentativo è passata alla leggenda la partecipazione delle formazioni di contadini armati di falci nella battaglia di Racławice. I documenti degli archivi ci presentano alcuni dei compagni della rivolta. Berek Joselewicz, colonnello dell’esercito polacco durante la rivolta e comandante della prima formazione militare ebrea della storia moderna. Antoni Madaliński, tenente generale polacco, comandante della prima brigata di cavalleria nazionale polacca durante la rivolta. Jan Kiliński, calzolaio di professione, fu uno dei comandanti della rivolta. Jan Henryk Dąbrowski, generale noto ai più per le sue imprese sotto la Francia di Napoleone e per i suoi anni sul territorio italiano.

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Franciszek Zajchowski (1860 – 1923)

Proseguiamo con “Per la vostra e la nostra libertà” in cui possiamo immedesimarci in quegli anni attraverso i dipinti e le opere di alcuni artisti, disegnatori, acquarellisti polacchi. Tra questi menziono i seguenti, Franciszek Zajchowski, acquerellista, disegnatore, autore dell’album “Le Legioni nei Carpazi in quaranta immagini” pubblicato a Leopoli nel 1915. Juliusz Kossak, pittore, illustratore disegnatore specializzatosi in soggetti storici e battaglistici.

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Jan Čerskij, paleontologo

Il pannello “Ehi tiratori” riporta alla memoria le vessazioni subite dai russi ma, a partire da qui, si pone l’accento su un soggetto che risulta, probabilmente, il più originale di tutta la mostra: la presenza degli scienziati e letterati anche poco conosciuti, nel cammino verso l’Indipendenza, alcuni dei quali catturati e deportati in Russia. Jan Čerskij paleontologo, geografo, geologo, osteologista ed esploratore. Nel 1863 du deportato ai lavori forzati a Omsk, fu il primo a descrivere la struttura geologica del territorio siberiano e della genesi del Lago Bajkal. La prima mappa geognostica del lago Bajkal si deve a lui. Benedykt Dybowski, medico, ricercatore, naturalista, propagatore dell’evoluzione darwiniana fu deportato in Siberia, dove rimase per 12 anni. Scoprì molte specie di pesci, crostacei, condusse ricerche limnologiche del Bajkal.Gli furono dedicati diversi animali scoperti tra Europa e Asia.

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“Obraz symboliczny Polski (Karta tytułowa)”, Artur Grottger

Nella tavola “Non solo la sciabola” conosciamo alcuni dei letterati impegnati nella causa polacca. Józef Kowalewski, linguista e orientalista, deportato a Kazan’ , viaggiò molto in Siberia, Mongolia e Cina, approfondendo molto l’etnografia dei popoli mongoli. Nel 1833 divenne professore aggiunto della prima cattedra di filologia mongolica esistente al mondo, presso l’università di Kazan’. Artur Grottger, pittore e grafico, dipinse per lo più ritratti, cavalli e scene di battaglia epiche. La sua arte e la sua energia furono utilizzate per rappresentare le speranze, ma anche le vessazioni e gli orrori delle insurrezioni fallite. Tra le opere ricordiamo Warszawa, Polonia, Lithuania e Wojna . Il ciclo Polonia, comprendeva otto tavole raffiguranti la tragicità della lotta e della vita quotidiana durante l’occupazione russa. Non può non mancare Adam Mickiewicz , la cui descrizione è oramai nota per i fluttuatori e non( e meriterebbe articoli a parte).

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Józef Piłsudski, generale e politico polacco

In “Mobilitazione” arriviamo alla Grande Guerra, dove incrociamo il nome di chi è considerato l’eroe della ritrovata Indipendenza polacca, Józef Piłsudski, rivoluzionario, generale e politico polacco. “Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, Piłsudski organizzò le legioni polacche che combatterono a fianco degli Imperi centrali (Austria-Ungheria e Germania) contro la Russia. Il 5 novembre 1916 gli Imperi Centrali proclamarono l’indipendenza del Regno di Polonia, ma come semplice stato fantoccio da utilizzare in funzione antirussa. Nel 1917 Piłsudski ottenne un seggio nel Consiglio di Stato del nuovo regno, ma rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà, volgendosi così anche contro gli Imperi Centrali, che lo fecero arrestare e internare a Magdeburgo fino alla fine della guerra. Nel novembre 1918, sconfitti gli Imperi Centrali, Piłsudski rovesciò il Consiglio di Reggenza da essi istituito per governare la Polonia e assunse la guida della nuova Repubblica Polacca. Con il Trattato di Versailles (1919) la Polonia ottenne il riconoscimento dell’indipendenza e inoltre l’acquisto della Galizia, della Posnania e di uno sbocco al mare (il Corridoio polacco) con il porto di Gdynia. Nominato capo dello Stato (1919), Piłsudski cercò di costituire una federazione con lituani, ruteni e ucraini – il progetto Międzymorze – approfittando della debolezza russa: nominato comandante dell’esercito col grado di Maresciallo di Polonia (marzo 1920), invase l’Ucraina fino a Kiev (guerra sovietico-polacca). La controffensiva dell’Armata Rossa fu respinta alle porte di Varsavia grazie ad una manovra a tenaglia dell’esercito polacco presso un’ansa della Vistola (agosto 1920). Gli alleati occidentali (Gran Bretagna, Francia) si limitarono all’appoggio verbale. La guerra si concluse con il Trattato firmato a Riga, il 18 marzo 1921”.

Una storia poco nota ma accennata in questa rassegna è la presenza della Lega delle donne polacche. Fondata nel 1913 a Varsavia da Izabela Moszczénska, suffragetta femminista, giornalista e traduttrice. È stata la prima autrice polacca a sostenere l’importanza dell’educazione sessuale per ragazze e ragazzi. Le aderenti alla Lega raccoglievano fondi per l’esercito e collaboravano con il movimento indipendentista e con il partito socialista.

Da “La Polonia di Luca” leggiamo “il Consiglio di Reggenza affidò a Piłsudski i poteri militari con i quali egli avrebbe dovuto organizzare il ritiro dell’Esercito Tedesco dalle terre del Regno di Polonia: “In reazione ai gravi pericoli interni ed esterni, al fine di unire tutte le formazioni militari e mantenere l’ordine nel Paese, il Consiglio di Reggenza conferisce il potere militare e il comando delle armate polacche a esso dipendenti al brigadiere Józef Piłsudski” (Dalla dichiarazione del Consiglio di Reggenza). L’atmosfera di euforia viene descritta da Jędrzej Moraczewski:

“Difficile descrivere questa ebbrezza di gioia, la pazza gioia che la popolazione polacca sta provando in questo momento. Dopo 120 anni sono scomparsi i cordoni militari. “Loro” non ci sono più. Libertà! Unità! Abbiamo il nostro paese! Per sempre! Chaos? Non importa. Tutto si concluderà positivamente perché siamo liberi dalle sanguisughe, dai ladri, dai rapinatori, dai cappelli militari, avremo il nostro governo (…)”.

Ho voluto citare solo alcuni nomi, altrimenti l’articolo avrebbe potuto avere tratti manualistici troppo pesanti. A primo impatto mostre di questo tipo potrebbero risultare poco entusiasmanti, ma dobbiamo sempre tenere a mente che dietro alle grandi battaglie ce ne sono di più modeste, dietro alle azioni ci sono degli uomini. Inoltre questo filtro esistenzialista ci permette di scoprire dei profili poco noti, da cui poter far partire nuove ricerche e nuove suggestioni.

Buone Fluttuazioni.

Citazioni e foto fluttuanti

Zajchowski Franciszek http://bit.ly/2TzOy1q

Artur Grottger http://bit.ly/2RpHdPj

Józef Piłsudski(foto) http://bit.ly/2FXR49P

Józef Piłsudski (bio) http://bit.ly/38eh0dm

Inno nazionale http://bit.ly/2TxTbZZ