“Sergei Vasiliev – Russian Criminal Tattoo”. La storia attraverso i tatuaggi.

Tredici anni anni fa David Cronenberg ci catapultava in una plumbea Londra e nel suo sottobosco della mafia russa, con un eccellente Viggo Mortersen e i suoi 43 tatuaggi, simboli della sua scalata sociale nella fratellanza criminale chiamata Vory V Zakone. Il suo corpo è la pergamena in cui è scritta una parte della sua vita. Capiamo che le linee tracciate sul corpo hanno un significato diverso da quello che attribuiamo noi.

© Sergei Vasiliev 2020

Il tatuaggio costituisce una cifra attraverso cui osservare e studiare una parte della società ai tempi dell’Urss (e non solo), i corpi sono le nostre fonti, i nostri manuali che ci fanno accedere agli anfratti, a quelle memorie del sottosuolo, dove la storia ufficiale spesso non arriva. Possiamo leggere queste pagine attraverso la mostra esposta alla ONO arte contemporanea “Sergei Vasiliev – Russian Criminal Tattoo”, la personale del fotografo Sergei Vasiliev dedicata ad una delle sue serie più note, quelle sui tatuaggi dei detenuti russi, in collaborazione con l’associazione Amici dell’Ermitage e Francesco Bigazzi.

La mostra fotografica, seppur piccola, è la giusta occasione per camminare tra le strade della marginalità sociale, mediante immagini grezze, realizzate con strumenti semplici. Il progetto Russian Criminal Tatto ha inizio quando Sergei Vasiliev decide di affiancare al lavoro come fotografo quello di secondino in carcere, dove comincia a scattare le prime foto. Successivamente ottiene il permesso per visitare più di trenta prigioni russe, si addentra nella realtà criminale immortalando i codici di quel mondo: i tatuaggi sui corpi dei detenuti. La retrospettiva di Sergei è una vera testimonianza storica cruda e carnale dell’Urss, del “Lete della società russa” dove questi uomini abitano. Siamo nei decenni in cui l’Urss si avvia al suo crepuscolo ed è proprio con la sua dissoluzione che questa umanità obliata insieme al suo linguaggio criptico viene alla luce, attirando attenzione di fotografi, scrittori e studiosi, tra cui dobbiamo ricordare Arkady Bronnikov, criminologo massimo esperto di iconografia del tatuaggio, Alexander Sidorov, storico ed antropologo delle subculture criminali russe e, infine, Danzig Baldaev, buriata figlio di un nemico del popolo,  antropologo dilettante, a cui era però stato negato l’accesso all’istruzione, a causa della ignominia politica. Attraverso la sua anatomia composta di disegni ha documentato oltre tremila tatuaggi durante il suo lavoro come guardia carceraria.

© Sergei Vasiliev 2020

Fino agli anni Quaranta i tatuaggi non hanno dei significati segreti, eccettuate le icone dei grandi leader politici Lenin e Stalin. “Allora si riteneva infatti che ci fosse una forte affinità fra il Partito e la criminalità organizzata, e capitava spesso che i criminali conclamati ricevessero pene meno severe dei detenuti comuni. Era usanza tatuarsi i testoni dei due capi supremi sul cuore, perché si credeva che le guardie non avrebbero avuto il coraggio di sparare in faccia a Lenin o Stalin”.[1]

Con Nikita Krushchev le cose cambiano con la guerra alla criminalità organizzata e peggiorando le condizioni di vita carceraria dei vory v zakone, che si vedono limitati i contatti con l’esterno e torture e punizioni diventano pane quotidiano. Sono questi gli anni in cui i criminali reagiscono rafforzando il loro codice, circoscrivendolo a pochi individui, e non ai vari ladri presenti sul territorio. Questo inizio è attanagliato da efferatezze, sangue e violenza inaudita nei confronti di chi si finge un vory v zakone, che vengono sottoposti a stupri, all’amputazione delle dita e i tatuaggi vengono cancellati con la carta vetrata o con la rimozione della pelle stessa. Comprendiamo che un tal clima di terrore non può avere lunga durata e pian piano le regole diventano meno restrittive. I criminali avviano il racconto della loro società chiusa, con disegni e motivi che ritraggono le vite, spaziando dalla violenza alla pornografia, dalla politica all’abuso di alcol. I tatuaggi sono realizzati in mondo primitivo e con modalità spartane, utilizzando rasoi elettrici a cui vengono legati degli aghi e un dispositivo che rilascia inchiostro. Come pigmento viene impiegata della gomma bruciata unita all’urina e la realizzazione viene eseguita in condizioni tutt’altro che igieniche, nella totale clandestinità. E’ una pratica pericolosa che sovente ha dato luogo a complicazioni da tetano, cancrena, sifilide e altre malattie. Nonostante tutti questi rischi i detenuti si tatuano, anche più volte, il tatuaggio travalica la dimensione personale assurgendosi a legge permanente di uno “stato nello stato” che va oltre il diritto convenzionale.

Alexei Plutser-Sarno, un lessicografo specializzato in folklore russo, sostiene che il corpo nudo di un criminale russo è come un’uniforme con medaglie e gradi. I tatuaggi possono essere chiamati reklama, pubblicità, regalka, regalia, raspisca, dipinto, o kleimo, marchio. Sono media, che trasmettono messaggi. Costituiscono i diplomi, il curriculum vitae, la storia e i lasciapassare da un territorio all’altro. Possono avere un significato magico rituale, per propiziare fughe dalla prigione o avere fortuna nelle attività criminose.”[2]

© Sergei Vasiliev 2020

Il linguaggio per quanto sinistramente seducente è molto variegato e complesso, comprenderete che è impossibile esplicare tutto in un unico articolo. Abbiamo pensato di condividere le informazioni su alcuni dei simboli più utilizzati e/o che ci hanno incuriosito di più. Abbiamo già anticipato i tatuaggi rappresentanti Lenin e Stalin, che vengono tatuati sul cuore e sugli organi vitali per proteggere il criminale in carcere poiché si pensava che una guardia non avrebbe mai sparato sui volti dei padri della patria. Un motivo iconografico molto presente è il teschio, tatuato sugli assassini dal carattere violento, allo stesso tempo si traduce con un prendersi il gioco della morte: in questa società sotterranea vita e morte viaggiano spesso insieme. Vengono rappresentati diversi animali, tra cui citiamo il polisemico serpente: se rappresentato con una donna indica omosessualità passiva, se disegnato intorno al collo è un segno di tossicodipendenza e alcolismo che spesso causano crimini gravi. Ricorrente è anche la bussola sulle ginocchia che traduce il non genuflettersi davanti alla polizia. I diavoli sulle spalle simboleggiano un odio verso le autorità e la struttura carceraria. Alle volte sono accompagnati da scritte anti-sovietiche “Sin da quando sono nato la mia vita è stata nelle mani dei diavoli del Partito Comunista Sovietico.” Abbiamo poi diverse iconografie religiose, la Madonna col Bambino indica che il tatuato ha cominciato l’attività criminale in giovane età o che è stato partorito in carcere. Monasteri, chiese, angeli e madonne su petto e schiena sono tatuaggi propri di chi è devoto al mondo dei ladri e della criminalità. Spesso sono tatuati insieme ai teschi ed indicano una condanna per omicidio. Le stelle a otto punte sulle clavicole e le spalle vengono tatuati su detenuti fedeli alla tradizioni che sono delle autorità in carcere. Concludiamo con un altro motivo molto ricorrente, le manette. Ogni manetta indica un lustro di prigionia, spesso vengono tatuate sui polsi.

Ora non vi resta che andare a visitare la mostra, aperta fino al 31 ottobre nella nuova sede della Ono arte contemporanea, a Bologna.

Indirizzo: via Urbana 6 c/d

Costo: ingresso gratuito

Per maggiori info: http://www.onoarte.com/

A noi non è bastato, e stiamo già andando oltre con le letture.

Russian Criminal tattoo Vol II & Russian Crimanl Tattoo Police files

 


Bibliografia fluttuante

[1] http://www.kainowska.com/sito/fedeli-alla-linea/

[2] Ibidem

Foto copertina  © Sergei Vasiliev 2020