Le fluttuazioni alle volte si cercano, altre volte si scovano inavvertitamente. Come è capitato in autunno, quando da Bologna sono andata alla scoperta del borgo medievale di San Leo. Umberto Eco l’ha definita “La città più bella d’Italia? San Leo: una Rocca e due Chiese”. Conosciuta dai più per la prigionia del Conte Cagliostro, non tutti sanno che la sua storia è legata a un personaggio proveniente dall’ altra parte dell’Adriatico, dalle coste della Croazia.
Lontana dalla Romagna dell’immaginario collettivo gremita di gente, pullulante di party, lontana dalla movida e dalle spiagge, la strada che conduce a San Leo si fa man mano più introspettiva, immersa in una vallata rude circondata da speroni rocciosi. In quel Montefeltro intimo, misterioso, quasi alchemico, comincia la salita verso il borgo,“per tutto il tragitto, la sagoma della rocca rimane nascosta alla vista, fino a che, serpeggiando tra le colline, d’un tratto appare in tutta la sua potenza, con i due massicci bastioni circolari che torreggiano sul dirupo, e in cima il corpo del castello.” Un borgo fortificato, inerpicato su uno sperone di formazione calcareo-arenacea in un punto alto, solitario, quasi come se osservasse il suo circondario. Dall’alto della rocca osserviamo e ci immergiamo in un paesaggio solenne, silenzioso, meditativo, imperturbabile. San Leo e il suo circondario appaiono inespugnabili e avulsi. Invece il Montefeltro è zona di incroci, incontri culturali è zona di incroci, incontri culturali,è una zona in cui le coste dell’adriatico si sfiorano: è il carrobbio tra Italia e Croazia. Confini così labili che “Esistono ancora vecchi sammarinesi pronti a giurare che dalla sommità del Monte Titano, in certe rare e limpidissime giornate, quando ancora le polveri fini non minacciavano la trasparenza dell’atmosfera, si potessero scorgere le prime isole dalmate.” Il mare, visto spesso come realtà che separa, ora viene visto come inizio di uno scambio ricco e prolifico. Il percorso di questo articolo è stato un po’ tortuoso, per il poco materiale che ho trovato e per la labilità tra storia e leggenda, ma qualcosa ne è pur venuto fuori.
Il borgo prende nome da San Leone, il fondatore. Chi era Leone? Ripercorrere le vicende del santo dalmata significa destreggiarsi tra leggenda e storia, tra giustificazioni agiografiche e incongruenze cronologiche in un periodo di grande cambiamento religioso, infatti “il problema della storicità dei santi dalmati coinvolge anche l’argomento più generale delle origini del cristianesimo a Rimini e nella regione tra Romagna e Marche”.
Le vicende legate a San Leo sono giunte fino a noi tramite la Vita Sancti Marini, testo agiografico redatto verso la fine dell’anno 900. Esso è lo scritto da cui sono partiti diversi studiosi per capire quando fosse nato il culto dei santi dalmati e tracciare i rispettivi profili storici dentro un contesto cronologico preciso.
“Secondo la narrazione agiografica Leone e il suo connazionale Marino (il fondatore della repubblica di San Marino) erano degli umili tagliapietre dalmati residenti sull’isola di Arbe, reclutati su ordine di Diocleziano e Massimiano nel 257, dopo che Rimini fu distrutta dai Liburni, capeggiati da Demostene. In seguito sarebbero stati mandati assieme ad altri sul monte Titano a cavar pietre, per un periodo di circa tre anni. Successivamente Leo si sarebbe ritirato sulla sommità del vicino Monte Feretro, dove avrebbe costruito una celletta e un oratorio, rimanendoci fino alla morte. Nel frattempo Papa Damaso aveva inviato a Rimini San Gaudenzio il quale, colpito dalle doti dei due sant’ uomini dalmati, investì loro di cariche ecclesiastiche, San Leo sacerdote e Marino diacono. Ma dopo poco tempo, entrambi si ritirarono nei loro rispettivi romitori fino alla fine dei loro giorni.”
Per quanto sia avvincente come versione, consta di diverse discrasie spazio temporali, ergo non può essere considerata una fonte attendibile, degli episodi sono avvenuti davvero ma non sono legati come ci ha tramandato la tradizione agiografica.
Dunque, chi era il San Leo storico? Proveniente dalla Dalmazia, precisamente dall’Isola di Arbe(oggi Rab), arrivò a Rimini con Marino in qualità di scalpellini, e lavorarono alle nuove mura della città, realizzate a partire dal III secolo. Erano già cristiani ed entrarono in contatto con la comunità locale attorno al vescovo Gaudenzio. Spinti dalla vocazione religiosa cercarono isolamento sulle vette impervie della valle dell’Ariminus e Leone gettò le basi del suo romitorio sul Monte Feretris, dove costruì una piccola cella e a Dio dedicò una cappelletta. Con tutta prudenza, cominciò a radunare i cristiani, a predicare il Vangelo in tutta l’area della Val Marecchia. La sua missione diede subito frutti copiosi ed il Cristianesimo si propagò rapidamente in tutta la regione circostante, fino alla creazione della Diocesi di Montefeltro con a capo Leone nel frattempo ordinato vescovo. Leone è considerato, per tradizione, il primo vescovo del Montefeltro, anche se l’istituzione ufficiale della Diocesi è avvenuta alcuni secoli dopo. Dopo la morte di Leone, il suo corpo venne deposto in un sarcofago di pietra di cui, nel Duomo, si conserva il coperchio. Nei secolo successivi è cresciuta sempre più la devozione verso San Leo(e San Marino) e il loro “movimento religioso” dall’appennino boscoso ai piedi del Monte Titano comincia a diffondersi, dal ferrarese al mare, alla nativa Dalmazia grazie all’Adriatico (Jadran in croato) le cui onde hanno scritto capitoli di due paesi spesso in contatto tra loro.
Tra i monumenti da visitare vi è indubbiamente la Cattedrale, testimonianza superba dello stile romanico, affascinante nella sua semplicità. Opera di architetti emiliano-lombardi, ha il paramento murario è interamente composto di arenaria. Come per la vicina pieve, anche per entrare nel Duomo si passa attraverso un portale posto nel fianco, ed è sormontato dei busti scolpiti di San Leone e di San Valentino. Tra i capitelli con frammenti scultorei rappresentanti San Leo, si giunge nell’abside della cripta dove vi è collocato uno dei monumenti più significativi legati alla figura di San Leo, il coperchio del sarcofago contenente le sue spoglie che risale al VI secolo, riportante una iscrizione in latino in cui il santo testimonia la sua presenza: “San Leo sacerdote qui pellegrino – mentre vissi questo amai questo dissi questo scrissi – tutti ringraziamo sempre il Signore – ringraziamolo sempre ringraziamolo – questo è il mio riposo per l’eternità – qui abiterò perché l’ho eletta – pregate – pregate sempre il Signore – pregate sempre il Signore”.
Villaggio romanico medievale ben custodito e conservato, è un piccolo gioiello che vale la pena visitare. Non mi dilungo nell’ esposizione degli altri monumenti perché andrei fuori l’argomento deciso per questo articolo, sicuramente più scarno e forse meno entusiasmante rispetto agli altri. Ho deciso di scriverlo per diversi motivi. Mi ha incuriosito questa “santa trama fluttuante italo-croata”, nonostante l’irrisorietà del materiale a disposizione, colmo di elementi religiosi, che ho tolto per non farvi abbandonare la lettura dopo la seconda riga.
Tra Italia e Croazia vi è uno stretto legame che unisce infatti nei secoli le due sponde del mare, crocevia percorso da santi, studiosi, notabili,merci e capolavori d’arte, in un continuo métissage di esperienze e di culture che fa del medio Adriatico un’area artistica ricca di novità e di eccezionale interesse. Quest’anno ricorre il centenario dell’Impresa di Fiume e sarebbe un’ottima occasione rivedere quell’ esperienza in un’ottica storico-culturale, di storia popolare, di sottoculture, oltre alla classica narrazione e senza che i revanscismi destrorsi dell’una e dell’altra costa colorino con le tonalità sbagliate le pagine. Last but not Least, la gita a San Leo ha fatto da cornice a un periodo molto importante per me, averci scritto è stato come aver fissato quell’intervallo, per custodirlo dal logorio del passare del tempo.
Alla prossima fluttuazione
Fonti e citazioni fluttuanti
https://www.viaggiaescopri.it/scoperta-di-san-leo-rimini/
http://www.comune.san-leo.rn.it/